
Umberto Margiotta
1- I suoi studi, i suoi interessi, l’itinerario principe della sua ricerca
Umberto Margiotta nasce a Capurso (Bari) il 4 giugno1947. Segue gli studi classici e subito dopo gli studi filosofici presso l’Università degli Studi di Bari , laureandosi nel giugno 1969, con una tesi sulle Vorlesungen über die Logik di I. Kant , conseguendo anche l’onore della pubblicazione. Nell’autunno dello stesso anno fruisce di una borsa di studio del CNR, e si specializza in Logica, con un programma diricerca sulla Storia della Logica da Melantone Leibniz, presso le Università di München, Heidelberg e Munster.
L’incontro con H.G. Gadamer lo trova pronto ad orientare i suoi studi verso le tematiche della Bildung e delle Scienze della Formazione, cui lo avevano già condotto i contatti e la frequentazione appassionata degli scritti pedagogici di Maria Teresa Gentile, di Luigi Volpicelli, di Raffaele Laporta, di Aldo Visalberghi, presso l’Ateneo di Roma, dove consegue nel 1972 una borsa di studio biennale.
Dalla casa editrice Marietti di Casale Monferrato riesce a far pubblicare nel 1973, di H.G.Gadamer, il testo Ermeneutica e metodica universale, cui pospone una sua nota “Dalla progettualità educativa alla pedagogia come scienza”, che rappresenta il manifesto in nuce del suo impegno in campo pedagogico e caratterizza una storia di passaggi: dalla pedagogia percepita come genere letterario ad una pedagogia che ha deciso di scoprire le proprie caratteristiche scientifiche; da un approccio per così dire cartografico ad un approccio fenomenologico critico che contrassegna ancora oggi il gruppo delle Ontologie pedagogiche. E’ il passaggio cui dedica il suo originale e personalissimo itinerario di ricerca, “dalle Scienze dell’Educazione come descrittori di spazi controversi e plurali alle Scienze della Formazione come dispositivo di spiegazione e anticipazione delle scelte razionali del soggetto, intenzionate alla qualificazione dell’umano nel segno della complessità.”
Chiamato prima a tempo determinato nel 1974, poi a tempo indeterminato dall’Università Ca’ Foscari di Venezia per insegnare Pedagogia generale, nel 1986 supera il concorso per professore ordinario e nel 1987 viene chiamato dalla medesima Università, Facoltà di Lettere e Filosofia, a coprire questo insegnamento. Nel 1990 viene confermato docente universitario di ruolo.
2- Il farsi della pedagogia come scienza nelle opere della maturità
Dopo essersi impegnato con Raffaele Laporta nella presentazione dei Nuovi programmi per la scuola media del 1979, Umberto Margiotta ritorna a interrogarsi su problemi radicalmente pedagogici e pubblica, nello stesso 1979, per i tipi della SIT editrice, Razionalità e condotta: studio sulla genesi dello spazio educativo, spazio di riflessione specifico, pur partecipe di un progetto del Dipartimento di Filosofia di Ca’ Foscari dedicato al rapporto tra Razionalità filosofica e Razionalità economica, nel quale Umberto si pone la domanda fondamentale: è possibile individuare i dispositivi originari delle scelte educative? è possibile che la pedagogia possa individuare lo specifico oggetto e ambito delle sue analisi? La lunga e complessa dimostrazione che ne sortisce evidenzia che la Pedagogia è scienza delle scelte che ogni soggetto e ogni comunità sviluppano per dare valore alla propria esistenza. E' lo spazio che ciascuno sente coincidere con la sua vita, percependosi come attore di scelte e decisioni. Quindi come agente razionale. E’ uno spazio che produce valore e che motiva il suo investimento sul futuro, partecipando agli scambi e alle relazioni che contraddistinguono il mercato. Infine è uno spazio generato da una sequenza universale: Informazione, Apprendimento, Trasformazione, Uso, quella stessa sequenza che costituirà la base del suo modello pedagogico-didattico.
Restano però le questioni di fondo: in che modo la ricerca pedagogica spiega il farsi umano dell’individuo, delle comunità, delle società? Come spiega la ricerca pedagogica le scelte razionali intenzionate all’umano? A quali condizioni la pedagogia può essere scienza delle scelte specificamente intenzionate all’uomo? La risposta verrà dai Collected Papers (1972) di Charles Peirce e dal pragmatismo americano. La proposta di Peirce (Teoria come motore dei sistemi di azione) consente a Umberto Margiotta di pensare che la pedagogia potesse avere una prospettiva di inveramento, tale che essa fosse in grado di spiegare e cioè di anticipare le risultanze delle analisi (ogni spiegazione è una anticipazione) , di spiegare le scelte della gente, riuscendo a contestualizzarle liberamente nel rispetto dei contesti specifici in cui l’agire educativo si esplicita, ma soprattutto nel liberarsi dalle contrapposizioni tra scuole diverse , mantenendo fisso l’obiettivo di spiegare il farsi di un agire intenzionato all’umano. Con queste aperture critiche e dense di interrogativi, Umberto Margiotta si dedica con passione agli studi e alle attività accademiche, affiancandosi, nei saggi, a figure di rilievo della storia della pedagogia italiana del momento, approfondendo da più punti di vista e prospettive gli interrogativi più cogenti nel discorso pedagogico:
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Il discorso pedagogico tra tecnologia e creatività, in G. Flores D’Arcais, Analisi del discorso pedagogico, Pisa, Giardino 1983
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Grammatica e sintassi nella costruzione del discorso pedagogico, in A. Granese, Destinazione Pedagogia. Itinerari di razionalità educativa, Pisa, Giardini, 1986
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Problemi di logica della spiegazione pedagogica in Telmon-Balduzzi, Oggetto e metodi della ricerca in campo educativo , Clueb, Bologna 1990
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Verso le scienze della formazione: una nuova frontiera di comunicazione disciplinare, in S.S.Macchietti, Significati universali e formazione umana. Studi in onore di M.T.Gentile. 2004.
Negli anni ’90, in un contesto sociopolitico e culturale di notevole fermento anche a livello europeo, in cui la Commissione europea svolge un ruolo principale nella definizione e nella promozione di una politica educativa comune tra gli Stati aderenti, resosi conto della astrattezza delle riflessioni fino ad allora condotte e della necessità di verifiche empiriche, dove potessero germinare ed essere conquistate evidenze, ed elaborati costrutti e modelli, Umberto Margiotta fonda il Centro Interateneo per la Ricerca Educativa e Didattica (CIRED) , coinvolgendo in un discorso unitario insegnanti e docenti universitari, provenienti da più facoltà e da più discipline, al fine di riscoprire i luoghi , i tempi, i modelli che potessero trasformare i saperi disciplinari in apprendimenti significativi e portare la scuola italiana nell’orizzonte del dibattito europeo.
Fu una stagione feconda, culminata, a livello di promozione di una prassi formativa, nella stesura del saggio Riforma del curricolo e formazione dei talenti, Armando, Roma, 1977, in cui si dà fondamento a crocevia fondamentali per l'avvio di una comunicazione stretta, rigorosa, ma soprattutto feconda tra Università e scuola, tra scienza e sua trasmissione nelle giovani generazioni, tra insegnamento e apprendimento, tra educazione e istruzione, tra educare e formare. Il percorso di ricerca e sperimentazione in questo saggio ruota intorno a e governa protocolli fondamentali di lavoro, pluralmente affrontato e condiviso:
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Un modello pedagogico di razionalità incrementale ,che cerca di porre al centro della progettazione il reticolo di esplorazioni, processi, azioni, risorse, tecniche, verifiche che fanno dell’azione formativa una operazione.
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Un modello epistemologico , in cui si evidenzia come la Ricerca Didattica non interessi solo i pedagogisti, ma anche i disciplinaristi, poiché chiedere ad un alunno di apprendere vuol dire comunque promuovere nuovi processi di elaborazione generativa di conoscenze. Ma come interrogare le discipline? Se la domanda, epistemologica oltre che pedagogica, è : qual è il quoziente di insegnabilità dei saperi in contesti di apprendimento formali?, la risposta, costruita nel vivo delle attività di insegnamento oltre che di ricerca , evidenziava che i nuovi processi di insegnamento delle conoscenze germinano nel momento in cui l’insegnamento passa dalle coordinate della disciplina- ricerca alle precise induzioni della disciplina -insegnamento : questo è il ponte che permette all’insegnante, ad ogni insegnante, all’insegnante di qualità, non solo di sapere o di sapere insegnare, ma soprattutto di prendersi cura dei suoi allievi, attivando una serie di competenze emotive e relazionali che consentono all’insegnante di saperne “capacitare” l’apprendimento e lo sviluppo.
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E’ un modello di professionalità docente, chiaramente illustrato nei noti saggi successivi: L’insegnante di qualità. Valutazione e Performance , Armando Editore, Roma 1996 e Insegnare nella società della conoscenza, in Formazione e insegnamento, n° 8, 2007, in cui si riflette sulla figura dell’insegnante anche tramite The Grounded Theory of teaching, Pensa , Lecce, 2011, per poter capire in e a quali condizioni l’insegnante potesse aspirare ad essere un insegnante di qualità.
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Un modello di apprendimento : la scoperta di Damasio (superamento della dicotomia cartesiana tra intelligenza emotiva e sviluppo cognitivo) e la prospettiva delle scienze bioeducative promossa da Eliana Frauenfelder diventano centrali nella discussione e nella definizione delle coordinate dell’intervento didattico-educativo, per la promozione di un apprendimento stabile e duraturo. Come apprendono gli allievi? Qual è l’anello mancante nel formarsi della conoscenza? Come la mente umana sviluppa i processi di apprendimento? Qual è il ruolo della pedagogia? Solo quello dell’agire o anche quello dello studio della retroazione da parte di un soggetto in situazione di apprendimento? Le relazioni tra il soggetto dell’agire e l’altro soggetto dell’interagire diventano oggetto di analisi multivariate, complesse, che implicano il ricorso a modelli di analisi logica non più solo classica, ma stocastico - probabilistica . Vale lo studio ancora una volta di Vygoskij, attualizzato dal pensiero di Engeström che, per spiegare come si forma e si costituisce l’apprendimentp espansivo, all’interno della Teoria dell’attività, riprende l’Enquiry circle di Vygoskij e Dewey.
Dal 1991 al 1996 , Umberto Margiotta persegue l’obiettivo di inverare , in altri spazi e ambienti, il percorso di una pedagogia come scienza e come azione: accetta la nomina a Presidente del Centro Europeo della Educazione presso Villa Falconieri a Frascati e contemporaneamente fa parte del Board del CERI (OCSE) a Parigi; dal 1999 al 2008 dirige la scuola di specializzazione per la Formazione degli Insegnanti Secondari del Veneto, che fornisce di abilitazione alla professione gli insegnanti secondari. Dal 2003 al 2009 è Prorettore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia con deleghe alla Formazione Continua e alla Formazione a Distanza. Sono di questi anni i saggi che costruiranno e costituiranno l’eccellenza veneta nella formazione degli insegnanti e , in generale, nella elaborazione del concetto di formazione. Tra gli altri, ricordiamo:
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Nuove strategie per la Riforma del curricolo. Commenti e prospettive dall’OCSE, in ANP notizie, 12/1995
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Istruzione e formazione continua in Europa. Prospettive e orientamenti, in Educazione comparata, 4/95
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Metodologia della ricerca valutativa. Un quadro comparato dei metodi, dei processi, dei risultati, CEDE, Roma, 1995
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Monitoraggio della sperimentazione Brocca. Risultati e analisi, CEDE, Roma 1995
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La ricerca educativa come sistema di basi di conoscenza, in “Ricerca Educativa”, CEDE, 1996
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Pensare la formazione (a cura di), Armando, Roma 1997
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La formazione superiore nella learning society. Pratiche formative e saperi, in AA.VV, Prospettive e tradizione dell’Università italiana, Roma, Studium, 2001
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Professionalità in transizione: la formazione degli insegnanti ad una svolta, in Lelli, Summa, Professionalità per l’innovazione, Tecnodid, Napoli-Roma, 2001
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La scuola del futuro, in “Rivista dell’istruzione” 4/5/6 -2004
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Un quadro di riferimento per la formazione degli insegnanti secondari, in “Formazione e Insegnamento”, giugno 2004, Pensa Editore, Lecce
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Teorie dell’istruzione. Finalità e modelli, Anicia 2014
3. La Società formativa alle soglie del Terzo Millennio. La pedagogia come formazione prima.
(Quest’ultima parte della biografia di Umberto Margiotta è stata redatta trascrivendo quasi completamente la sua Lectio Magistralis , tenuta a Venezia, il 5 settembre 2017 : le argomentazioni addotte a sostegno della sua tesi sulla formazione come nucleo centrale della pedagogia e le indicazioni di lavoro che offre per raggiungere l’obiettivo, ci sono sembrate non solo una testimonianza , ma soprattutto una eredità di impegno e di riflessione per tutti noi. )
La vasta esperienza riformatrice in campo socio-educativo esperita e accumulata negli anni’90 (l’iniziativa europea per l’educazione, la riforma dei curricoli, i processi di autonomia scolastica, la formazione degli insegnanti, le competenze chiave e il lifelong learning……..) aveva lasciato sul tavolo ancora irrisolte due problematiche:
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le learning strategies e le domande susseguenti: quali strategie metacognitive e quali apprendimenti autonomi sono utili per apprendere le abilità complesse necessarie ad un ambiente lavorativo e sociale, oltremodo impegnato dal punto di vista della produttività ?
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l’Academic perseverance, ovvero la dimensione della perseveranza nello studio (falla riscontrabile molto spesso nei risultati di apprendimento), il cui obiettivo lungimirante ha lo scopo di mettere in grado tutti, studenti e lavoratori, di mantenere il focus di fronte alle sfide, la tenacia nel perseguire obiettivi e risultati, l’accettazione di gratificazioni dilazionate nel tempo, l’autodisciplina e l’autocontrollo.
Erano e sono aspetti cruciali che Umberto Margiotta, all’interno del rapporto tra formazione e mercato del lavoro, riconduce all’adozione, negli anni 2000, da parte degli organismi istituzionali e sociosindacali nazionali e internazionali al problema deputati, dello strumento della flexicurity , “ paradigma teorico dell’economia “post fordista”, secondo il quale da un lato l’economia “chiede” alla società un comportamento attivo e flessibile, “adeguazionista” rispetto alle mutevoli esigenze del sistema produttivo; dall’altro, è proposto in contropartita ad un nuovo concetto di sicurezza sociale, basato sulla garanzia di disporre individualmente dei titoli di accesso e delle risorse, necessari per sostenere/anticipare i cambiamenti richiesti lungo il corso dell’intera vita attiva.
E’ una spinta per chiunque aspiri ad un futuro di successo, all’essere imprenditore di se stesso, mettendo a frutto il proprio “capitale individuale di sapere” ed impegnandosi nella sua continua manutenzione, in ragione delle richieste emergenti dell'economia…; le categorie della “occupabilità” e della “adattabilità” pervadono tutti i sistemi interessati a guidare il comportamento del soggetto verso il mercato del lavoro” (da: U. Margiotta, Capitale formativo e welfare delle persone. Verso un nuovo contratto sociale, in METIS, 06-2012). La flexicurity diventa perciò un paradigma caro a giovani e famiglie : formazione vuol dire munire e munirsi di una proposta /offerta di garanzia per l’occupabilità. Conseguentemente, l’emergenza del concetto di “diritto ad apprendere lungo il corso della vita” (lifelong learning) diviene l’elemento centrale del ponte fra economia e società e sposta dunque il welfare attivo dal riferimento del “workfare” a quello del “learnfare”, cioè della garanzia di effettivo accesso di tutti gli individui – nei tempi e nei modi coerenti con i loro bisogni e caratteristiche – ad opportunità di apprendimento coerenti con le esigenze dell’economia ed i progetti personali di vita, dagli esiti dotati di un effettivo valore di scambio. Il welfare del futuro è quello della formazione, delle competenze, dello sviluppo del capitale umano, delle eque opportunità, ma, per dirla con Amartya SEN, è soprattutto il welfare delle capacitazioni che può mettere il soggetto nelle condizioni di esigere l’agibilità dei propri diritti sociali. Il diritto di apprendere è uno di questi.
In tal modo il lavoratore competente, da human capital, ossia risorsa su cui le organizzazioni investono in prospettiva esclusivamente economica e produttiva, diventa un soggetto-persona su cui investire anche in prospettiva umana, e dunque in direzione delle human capability . Sulla scorta degli studi del premio Nobel per l’economia Amartya Sen e dell’americana Martha Nussbaum (Chicago University ), Umberto Margiotta modifica, approfondisce, qualifica questa prospettiva sposando la teoria della formazione come sviluppo umano, come sviluppo dell’uomo.
”La formazione non è un salvagente, non garantisce cittadinanza nella discontinuità lavorativa, perché lavoro e formazione non sono interscambiabili…Occorre pensare la formazione come capace non solo di rendere idonei i giovani a cercare lavoro, ma capaci di creare nuovo lavoro per sé e per gli altri …. Si va oltre le competenze. La competenza è un epifenomeno, oggetto combinatorio di conoscenze, abilità, atteggiamenti…… ma quando cominci a vedere il percorso della pedagogia (primo attore della formazione) come scienza della vita e percorso di vita, è necessario andare oltre le competenze, oltre la nozione di capitale umano, assumendo la prospettiva di un welfare della capacitazione , cioè della possibilità individuale e collettiva di agire il diritto ad apprendere”, cfr. M. Baldacci, F. Frabboni e U. Margiotta, Longlife/longwide learning. Per un Trattato europeo della formazione, Milano, Bruno Mondadori, 2012, nella cui Introduzione si disegna un’ampia cornice politico-culturale di riferimento per la problematica della formazione vista su scala europea e rispetto alle attuali dinamiche socio-economiche e culturali. Il concetto di learnfare che si profila è allora basato sul potenziamento dell’agency dei cittadini, che può metterli nelle condizioni di sviluppare le capacitazioni utili a scegliere e realizzare liberamente il proprio progetto umano e sociale di vita.
Il learnfare segna però una discontinuità storica. Richiede la copertura collettiva del diritto individuale ad accedere all’apprendimento lungo il corso della vita, in un contesto di cambiamento continuo. Il processo formativo non ha un bersaglio pianificato fin dall’inizio, con saperi e uscite e contabilità dei saperi acquisiti, (Bauman) : occorre piuttosto rivedere le relazioni tra organizzazione pedagogica e organizzazione del lavoro. Si va verso un nuovo contratto sociale, stipulato tra individui consapevoli del valore rappresentato dal capitale formativo posseduto e reinvestito, un contratto che assicuri regole certe e trasparenti per riconoscere, validare, certificare le competenze esercitate e sviluppate.
La ricchezza di prospettive sopra illustrate apre verso l’approfondimento delle tematiche classiche sia della epistemologia che della filosofia che della pedagogia. Facendo riferimento a filosofi ed epistemologi e pedagogisti , quali Pareyson, Apel, Morin, Lakatos, Pinto Minerva, Baldacci , Umberto Margiotta riconsidera i nuovi spazi con cui fare i conti dei rapporti tra educazione, istruzione e formazione. “Il focus della pedagogia è verso l’anthropos colto nella sua formazione plurale e incarnata in quanto uomo. La ricerca pedagogica postula custodisce declina questo principio. Il suo modello attuale è il soggetto nell’esistenza che si fa persona, in quanto segnato da un farsi nella libertà e che della libertà trattiene il carattere genetico. Il suo farsi nella liberta è vivere e stare in essa, per decostruirla e rigenerarla. L’uomo è libertà nel conflitto, nella contraddizione, nell’aporia e la sua libertà oggi nasce da questo scenario inquieto e problematico . La pedagogia non può non pensare, difendere, dipanare questa problematicità aperta dell’anthropos contemporaneo” ( U. Margiotta, Lectio magistralis - I nuovi paradigmi della ricerca educativa, 5 settembre 2017, Venezia)
“Se nuovo è lo scenario e nuovo è il compito della pedagogia, nuova non può che essere la sua posizione come scienza. …In questa prospettiva di ritematizzazione pedagogica si prospetta la necessità di un nuovo paradigma, ipoteticamente ritenuto capace di consentire e sorreggere una formulazione del discorso pedagogico in grado di coniugare progettualmente le sue dimensioni, endogena ed esogena, e di valorizzare nella nuova direzione il suo intero patrimonio paradigmatico e concettuale. Tale nuovo paradigma è quello della formatività, attraverso il quale vanno rivisitati e riordinati i paradigmi dell’educabilità e dell’intersoggettività. Alla formatività si attribuisce una sorta di posizione assiale rispetto al quale sono ricalibrati i cardini dell’educabilità (educazione) e dell’intersoggettività (individualizzazione e personalizzazione nella formazione): essi vengono a costituire il nucleo geneticamente fondativo per l’elaborazione di una nuova teoria della formazione, da cui muovere per l’attivazione del nuovo organon delle scienze della formazione, capace di ricomprendere sia le scienze dell’educazione sia le teorie dell’istruzione, sia la ricerca educativa che quella formativa, sia la didattica sia la pedagogia dell’inclusione.
Tutto ciò significa partire dal presupposto di utilizzare una trasversalità epistemologica per pensare una pedagogia delle interpenetrazioni tra variabili cognitive, relazionali, affettivo-emotive, corporee, esistenziali; cogliere la concreta situazione educativa non solo sul piano delle dimensioni progettuali, operative e materiali, che la costituiscono ma anche nella struttura nascosta delle sue componenti inconsapevoli e simboliche: riflettere su tutto questo vuol dire saper segmentare il corpo dell’osservabile formativo ed educativo in tutte le sue componenti più strutturali, sia sul piano dell’ elaborazione pedagogica sia sul piano della predisposizione e messa a punto di strategie e di politiche che ne tengano conto. Solo così è possibile riaprire un nuovo dialogo tra educazione e formazione, per trovare nuovi processi di cogenerazione del valore” (ibidem). Cfr anche U. Margiotta (a cura di), Pensare la formazione. Strutture esplicative, trame concettuali, modelli di organizzazione, Milano, Bruno Mondadori, 2006, in cui si poneva l’esigenza di ripensare la categoria della formazione e si tracciavano le linee di un programma di ricerca indirizzato in questa direzione.
In che modo allora le scienze della formazione rendono conto del loro valore in quanto pratiche umane di generazione del valore nel soggetto e nella società? L’assunto è che le scienze della formazione comprendono le scienze dell’educazione e le teorie dell’istruzione. Non si dà più il caso di separazione tra scienze dell’educazione e scienze della formazione.
“Il progetto PRIN è stata l’occasione, a questo punto, per “riordinare” la casa pedagogica. La pedagogia di oggi si pone in condizione di analizzare, spiegare il mondo della Istruzione /Educazione /Formazione , per come si sta evolvendo. E’ stato adottato lo strumento delle ontologie regionali, non metafisiche, mettendo insieme le due anime, teoretico/normativa, e critico interpretativa o pratico progettuale, a partire da tre funzioni, linguistica, euristica, epistemologica, attraverso la validazione e il consenso non sull’uso di certe parole ma sull’analisi semantica, sul valore d’uso degli sviluppi concettuali dei vari modelli di indagine o dei risultati dell’indagine. Le Ontologie ci hanno concesso di passare ad una nuova rappresentazione della conoscenza pedagogica, dalle mappe mentali gerarchiche porfiriane alle mappe relazionali del lulliano albero della scienza. Oltre l’Encyclopedie, per ricollocare la pedagogia nel labirinto polidimensionale del labirinto della conoscenza e per comprendere le plurivoche significazioni dell’educare, dell’istruire, del formare. Abbiamo dimostrato come rendere combinabili le tre categorie. L’ontologia, che è un grafo (U. Margiotta, Il grafo della formazione. L’albero generativo della conoscenza pedagogica, Lecce, Pensa Multimedia, 2014, il cui terzo volume è relativo agli esiti della ricerca Prin sull’ontologia pedagogica della formazione e nel quale il dominio scientifico della formazione viene articolato in cinque dimensioni (epistemologica, metodologica, ontologica, fenomenologica e assiologica), per ciascuna delle quali viene delineata una struttura concettuale di riferimento (rappresentata con un grafo gerarchico), che nel loro insieme disegnano l’ontologia regionale della formazione ) , è resa possibile attraverso la declinazione della formatività dei diversi lemmi: ogni lemma contiene la definizione, le evidenze, il richiamo alla letteratura, l’aggiornamento continuo…. L’ontologia pedagogica viene messa a disposizione della comunità scientifica che la aggiorna, la perfeziona, la usa, la modifica. E’ uno strumento generativo. La semantica disciplinare e concettuale diventa il modo attraverso cui i metodi, i modelli, i principi, le conoscenze, si aggiornano e si riposizionano: è lo strumento generativo di una nuova conoscenza.
Infine, la pedagogia si muove secondo una visione pedagogica di rete, una rete di basi di conoscenze e di modelli, perché la rete è un modello ermeneutico ( per interpretare concetti e relazioni espressi in link ipertestuali entro un sistema documentale potenziato dal semantic web);è uno strumento logico, (descrive l’organizzazione cognitiva condivisa dalla comunità scientifica) ;è un messaggio pedagogico, poiché permette alla comunità di partecipare alla ridefinizione del sapere disciplinare , come si è già espresso L. Galliani.
E’ un percorso ricorsivo attraverso cui il dubbio metodico continuamente ritorna per consentire un affinamento delle conoscenze e dei guadagni epistemici che un nuovo modo di interpretare gli oggetti della conoscenza pedagogica ci obbliga ad assumere. Le coordinate del sistema della nuova ricerca pedagogica hanno grandi riflessi sulla ricerca dominio specifica di qualsiasi ricercatore, perché puo’ comunicarli, discutere, modificare, trasformare. E’ qui che si determina la generatività , aperta alla semantizzazione della realtà, alla sua interpretazione e assiomatizzazione e che ha bisogno di costrutti rigorosi che passano da una rappresentazione della conoscenza pedagogica , così fatta : da asserti riferibili al pensiero dichiarativo verso il pensiero procedurale e infine al pensiero enattivo. Il che si traduce in: la conoscenza pedagogica consiste in una serie di basi di conoscenze allargate, articolabili secondo le categorie in modelli, operatori trasformazionali, conoscenze”.
4. L’eredità: le indicazioni per il futuro della ricerca pedagogica
A conclusione di un itinerario (prematuramente interrotto) di ricerca, di vita e di pensiero, Umberto Margiotta , consegnando alle stampe il volume , eletto profeticamente come ultimo, La formazione dei talenti, edito da Franco Angeli, 2018, può così affermare :“Le pratiche formative, tutte (sia quelle del genitore, o dell’adulto, dell’insegnante o del formatore) sono animate e guidate da insiemi di credenze e di teorie circa il funzionamento della mente del soggetto che apprende. Ogni forma di pedagogia sottende una diversa interpretazione del soggetto che apprende, sia essa frutto di un sapere ingenuo, sia essa frutto di un paradigma interpretativo. L’educazione e la formazione si configurano, ormai, come la radice meta-biologica strutturale del farsi uomo. Siffatta consapevolezza obbliga ad allargare e ad incrociare le analisi e gli studi secondo logiche e scale via via più complesse e intrecciate. Ma l’angolo prospettico privilegiato è proprio nell’intercettare quelle forme di ibridazione tra cognizione e formazione che fanno della pedagogia un irrinunciabile discorso sulla libertà del farsi uomo, e sulla sua creatività morfogenetica. Sviluppando sistematicamente un approccio evidence based research, e fruendo di un sistema di referee rigoroso e internazionale, gli studi pedagogici devono perseguire l’ambizione di rendere la ricerca pedagogica italiana sempre più comparabile con quella europea e internazionale” ( vedi anche U. Margiotta , Teoria della formazione. Ricostruire la pedagogia, Roma, Carocci, 2015).